Libro con copertina morbida, pag. 120.
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«Il giovane [Giovanbattista Biblia] restava a Catanzaro e denunciava senza remore e senza titubanze un progetto di congiura contro il potere costituito, pur sapendo che quel potere sarebbe stato inesorabile e feroce nel reprimere i molti congiurati e concittadini che egli tradiva. Fece questo per denaro e per ottenere un titolo: per ricavare un utile che contrastava con lo scopo del programma che si era riproposto di realizzare poco tempo prima. È incomprensibile che egli abbia potuto fare questo [...]».
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Caratteri strategici non dissimili ebbe sul finire del secolo la
congiura che prese il nome dal suo ideatore e animatore, il filosofo
calabrese Tommaso Campanella. Come tutte le congiure dei baroni,
consistette nella sollevazione di congiurati, nella partecipazione
di banditi e nell’intervento di forze armate dall’esterno. Ma essa
ebbe diversa natura e differì sostanzialmente nell’ispirazione e nei
fini da ogni altra congiura ordita nel regno durante la dominazione
spagnola. Concepita e indirizzata nell’estate del 1598, quando
nell’agosto il filosofo fu confinato nel convento di Santa Maria di
Gesù di Stilo, la congiura si estese rapidamente. La personalità
irrompente e l’eccezionale abilità oratoria del monaco che tornava
in quei luoghi natii dopo anni di assenza, conquistarono individui
di ogni condizione e della più diversa estrazione sociale. A rendere
ancor più incisive le prediche domenicali e persuasivi gli eloquenti
discorsi del focoso religioso nei colloqui con i molti visitatori,
erano le represse aspirazioni e la difficile esperienza fatta in
passato. Giandomenico Campanella era nato a Stignano, casale di
Stilo, il 5 settembre 1568, da [...]
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La delazione di Fabio Di Lauro e Giovanbattista Biblia produsse nell’animo di alcuni concittadini, parenti di congiurati colpiti dalla repressione, rancore e propositi di vendetta. La permanenza in città dei due e delle loro famiglie era rischiosa e divenne ancor più rischiosa dopo l’assassinio di Marco Antonio Biblia, attribuito a due dei fratelli Giovino, membri di una della più influenti famiglie cittadine. Ma nonostante l’evidente pericolo che correvano, i due delatori restarono in città dopo la scoperta della congiura e dopo la repressione. Continuarono a risiedervi e a svolgere la propria attività anche dopo l’uccisione di Marco Antonio Biblia, quando il pericolo si fece maggiore. In città era difficile sottrarsi alla vendetta di chi si sentiva tradito e colpito a morte ed era facile ricorrere alla violenza per tradurla nei fatti. L’ambiente cittadino era turbolento. Decine di famiglie erano a capo di fazioni e di partigiani in perenne conflitto. Non di rado centinaia di uomini armati scendevano in piazza per sostenere le loro fazioni e i loro capi specialmente nelle competizioni amministrative. I loro contrasti provocavano disordini e inducevano il governo a rinviare le elezioni degli organi cittadini, come avvenne nell’estate del 1598 e l’anno seguente, quando si dovettero rinviare le elezioni che si sarebbero dovute tenere il 25 luglio 1599 . In un ambiente tanto turbolento era facile che si verificassero violenze e omicidi. I due delatori, pur temendo la violenta ritorsione dei nemici, e specialmente dei più influenti come i Giovino, restarono in città e continuarono a svolgere la propria attività in attesa della ricompensa e della protezione. Ma essi, pur potendo contare su qualche riguardo che le autorità locali riservavano loro, si resero presto conto dell’inconsistenza della fiducia che avevano riposto nella ricompensa e nella protezione regia. Uno dei due, Giovanbattista Biblia, nel dicembre 1600 copriva l’ufficio di percettore della […]
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Il sovrano sapeva che il consiglio collaterale, in assenza del
viceré, aveva messo in libertà l’imputato dell’omicidio del
familiare di uno dei due fedeli sudditi che avevano reso possibile
la scoperta di una pericolosa congiura. Sapeva che il collaterale e
il suo relatore De Ponte avevano condannato al pagamento di una
cauzione proprio il fedele delatore che aveva reso un grande
servizio. Sapeva pure che un fratello dell’imputato, che aveva con
lui fatto l’omicidio, era alla macchia e cercava di ottenere
l’indulto e di vendicarsi del denunciante. Ma, nonostante tutto
questo di cui era da tempo a conoscenza, ancora nella primavera del
1602 il sovrano non era in condizione di [...]
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